territorio
Collinare e gentile, variegata e naturalmente predisposta alla coltivazione della vite, la Romagna è patria della convivialità e bonarietà.
Con queste parole Tonino Guerra descriveva la Romagna, terra di dolci colline e tradizioni rurali, accogliente e genuina come il popolo che la abita.
Sulle fasce collinari romagnole si è sviluppata una felice tradizione vitivinicola, complici la composizione del terreno, la vicinanza del mare e un clima particolarmente fortunato: elementi che favoriscono la crescita delle viti e di uvaggi idonei alla vinificazione.
È qui che sorgono i nostri vigneti, su uno dei primi contrafforti dell’Appennino Romagnolo, a pochi chilometri da Faenza. 22 ettari di vigneti, tra scarpate boschive, calanchi e uliveti: la terra in cui crescono le nostre uve è caratterizzata da una grande varietà biologica. Ed è proprio questa l’essenza del vino di Leone Conti: una produzione che abbraccia la biodiversità propria di questi luoghi, nel pieno rispetto delle varietà autoctone.
VITIGNI
Nell’ottica di rappresentare al meglio la viticoltura di qualità della Romagna lavoriamo principalmente con vitigni tradizionali e autoctoni: l’Albana, il Famoso, l’Uva Ruggine, tra le varietà a bacca bianca; il Sangiovese, il Centesimino e la Termarina tra le varietà a bacca rossa.
ALBANA
Le origini di questo vitigno, sicuramente uno dei più rappresentativi della Romagna, sono così remote da confondersi con la leggenda. Sembra infatti che tra i grandi estimatori di questo vino ci fosse anche Galla Placidia, figlia dell’Imperatore romano Teodosio il Grande, la quale in occasione di una sosta sul colle di Bertinoro, davanti a una ciotola di terracotta ricolma d’Albana, esclamò: “Non così umilmente ti si dovrebbe bere, bensì berti in oro”, da cui il toponimo.
L’Albana non mancava mai nelle tavole rurali e ancora oggi è molto amato e apprezzato per i profumi intensi, le fragranze di fiori e la struttura corposa.
È un vino caro anche alla nostra azienda, che lo propone in tre varianti: Progetto 1 – secco, tradizionale e al contempo sofisticato – Progetto 2, innovativo e dal carattere internazionale, raccolto tardivamente e affinato in barrique, Progetto 3 – l’albana di una volta rivista in chiave moderna, lunga macerazione sulle bucce (4 mesi) e affinamento in botti di legno usate.
FAMOSO
Felice riscoperta dell’ultimo decennio, questo vitigno è dotato di grande resistenza ma gode di una produzione limitata. Leone Conti recupera questo autoctono a lungo dimenticato e realizza un vino, il Le One, dalle intense sensazioni aromatiche, affinato in botti di rovere, dalla buona morbidezza e con note di frutta e fiori.
RUGGINE
Il suo territorio d’elezione è nella provincia modenese, tuttavia si ricava una nicchia di coltivazione anche nelle nostre colline. L’uva ruggine, detta anche Rugginosa, era praticamente scomparsa, benché fino agli anni ’30 del secolo scorso godesse di un forte apprezzamento. Riscoperta da un avveduto viticoltore, oggi possiamo ancora apprezzarne i riflessi giallognoli e le fresche note floreali e fruttate.
SANGIOVESE
Si dice che il Sangiovese sia la quintessenza delle genti di Romagna, in grado di rappresentarne il carattere e l’autenticità: esuberante, robusto e al contempo ruvido all’esterno, ma sincero e delicato, all’interno.
Oggetto da tempo immemore di una diatriba tra toscani e romagnoli, che si contendono la paternità, questo grande rosso è il primo vino della regione ad essere insignito della DOC.
Diffuso in Italia e apprezzato anche all’estero, il Sangiovese ha un carattere camaleontico: le sottozone produttive delineano infatti peculiarità differenti e caratteristiche proprie.
Leone Conti lo propone in una veste fresca e avvolgente, il Never Walk Alone, ma anche in due varianti più intense e profonde, Le Betulle e il ContiRiserva.
CENTESIMINO
Vitigno a bacca rosso, autoctono delle colline faentine, il centesimino ha una storia di grande fascino. Prossimo all’estinzione a causa di un’epidemia di filossera, la vite riuscì a salvarsi perché alcuni esemplari di piante trovarono riparo nel cortile di un’abitazione del centro di Faenza, di proprietà di Pietro Pianori, soprannominato il Centesimino.
Furono le alte mura a proteggere quelle marze sopravvissute al flagello, così come fu grazie la caparbia di Pietro a dare a questo vitigno una vera e propria rinascita a Santa Lucia, piccola frazione poco fuori Faenza.
Una storia romantica frutto del caso che ancora oggi possiamo scoprire in un sorso dal bouquet ricco di richiami floreali.